I mercati nel 2016: Banche Centrali, Cina e Materie Prime
Cosa è successo e cosa succederà?
Scopriamolo con l’analisi di Carlo Alberto De Casa, Chief Analyst di ActivTrades.
De Casa ci fa un riassunto degli avvenimenti più importanti del 2015 con un occhio al 2016 cercando di delineare i punti cardine.
Le banche centrali
Sono state le assolute dominatrici della scena sui mercati valutari nel 2015. Se volessimo identificare alcuni “momenti chiave”, apparirebbe chiaro che li troveremmo nella fase iniziale dell’anno ed in quella conclusiva. Il 15 gennaio, infatti, il governatore della Banca Centrale Svizzera rimosse il cosiddetto Peg, cioè il tasso di cambio fra euro e franco al minimo fissato di 1,20, generando notevoli movimenti sui mercati e portando così il rapporto fra le due valute a crollare in una ventina di minuti fino a 0,85, per poi tornare rapidamente sopra la parità. Appena una decina di giorni più tardi, sul finire del mese, Mario Draghi annunciò l’avvio del Quantitative Easing, per un controvalore superiore ai 1.000 miliardi di euro.
Nel mese di dicembre arrivarono poi altre due decisioni estremamente rilevanti, con la Bce e la Fed protagoniste. L’Istituto basato a Francoforte prolungò le misure di stimolo almeno fino alla primavera 2017 (senza però incrementarne la portata mensile del QE, invariata a 60 miliardi), mentre la Banca Centrale statunitense, dopo aver lungamente preparato i mercati, effettuò il primo rialzo dei tassi di interesse da quasi un decennio, portandoli da 0,25 a 0,50%.
Fra questi due mesi ricchi di eventi una lunga attesa, ma anche le aspre vicende della Grecia, le preoccupazioni per il rallentamento della crescita cinese, il crollo del petrolio e la conferma di Cameron, nel Regno Unito.
Quali potranno essere a questo punto i temi chiave del 2016?
La risposta più plausibile ѐ che saranno ancora, almeno in parte, i medesimi dell’anno che si ѐ appena concluso. Sul fronte europeo resteranno centrali le mosse di Draghi per guidare la continua sfida del Vecchio Continente contro la deflazione e la “crescita zero”. Il Regno Unito potrebbe invece trovarsi alle porte il temuto referendum sulla possibile “Brexit”, dall’esito incerto che già esalta i sondaggisti. Per quanto riguarda gli Usa gli occhi saranno tutti puntati sulle modalità del rialzo dei tassi da parte della Yellen (quanti ritocchi ai tassi vedremo nel 2016?) e sulle elezioni per il post – Obama. Entrambi, tra l’altro, generano non pochi malumori in diversi dicasteri dell’economia e fra alcuni grandi investitori.
La Cina potrà essere ancora l’ago della bilancia per l’intera Asia.
Ma la crescita del Dragone (uno dei temi chiave fin dalle prime turbolenti sedute borsistiche del 2016) non riguarderà soltanto l’Asia, quanto anche il continente oceanico, così strettamente legato dal punto di vista economico all’andamento della Cina. Avrà poi un notevole impatto anche sulle materie prime, ormai inserite in un ciclo ribassista che dura da un triennio. Fra queste va ricordato il crollo del petrolio (oltre quota 100 dollari al barile nell’estate 2014, in area 36 dollari ad inizio 2016), ma anche la sfida dell’oro, non troppo lontano da quota 1.000 dollari l’oncia, circa il 40% in meno dei massimi raggiunti nel 2011 in area 1.920.