Stavamo aspettando da settimane l’esito della riunione della Fed di questo mercoledì e senza deludere le attese, Janet Yellen ha tenuto il comportamento che molti aspettavano.
L’analisi di Saxo Bank
la Federal Reserve ha deciso di lasciare i tassi di interesse fermi tra lo 0,25% e lo 0,5%. Si tratta della sesta volta di fila, visto che l’ultima volta che ha deciso per una stretta sul costo del denaro è stato il dicembre 2015. La Fed ha però lasciato intendere che una stretta ai tassi potrebbe arrivare entro la fine dell’anno. Nel comunicato la banca centrale vede un’accelerazione della crescita e miglioramenti “solidi” del mercato del lavoro. Viene inoltre scritto nella nota che “la possibilità di un aumento dei tassi dei federal funds si è rafforzata”.
La conferenza stampa successiva al termine della riunione ha offerto ulteriori spunti, Janet Yellen infatti ha dichiarato: “La decisione di non alzare i tassi non riflette una scarsa fiducia nell’economia” e un “approccio cauto” sui tassi è “appropriato”. La Fed “si aspetta solo strette graduali” e dice che la politica monetaria attuale è vista come “modestamente accomodante”. Servono “maggiori evidenze che dimostrino che l’economia si sta rafforzando” ulteriormente per un aumento dei tassi. La presidente ha infine spiegato che il tasso di disoccupazione è “piuttosto vicino” al tasso compatibile con la definizione di piena occupazione.
Le probabilità di un rialzo dei tassi si spostano maggiormente sul meeting di dicembre, in quanto quello di novembre si trova troppo in prossimità con le prossime elezioni del presidente degli Stati Uniti. Gli operatori si aspettano quindi un rialzo nel 2016 e almeno due nel 2017, in calo rispetto ai tre stimati a giugno. Per il 2018 invece ci si aspetta tre aumenti del costo del denaro.
Sono state infine offerte le nuove stime del Pil Usa, il FOMC ha rivisto al ribasso il dato per il 2016, portando la previsione di crescita all’1,8% dal precedente 2%. Invariate al +2% le previsioni per il 2017 e il 2018. Sul lato disoccupazione, invece il tasso dovrebbe attestarsi al 4,8% (+0,1% rispetto alle stime di giugno). Limate infine le previsioni sull’inflazione per il 2016, ora all’1,3% rispetto all’1,4% di giugno. Invariate le stime per il 2017 all’1,9% e per il 2018 al 2%.
Sono inoltre arrivate le ultime stime dell’Ocse sulla crescita mondiale. Non sono positivi i dati per l’Italia che dovrebbe crescere dello 0,8% sia nel 2016 che nel 2017. Nell’Economic Outlook di settembre, pubblicato ieri, viene ritoccato al ribasso il Pil italiano rispettivamente dello 0,2% e dello 0,6%. Un dato che conferma quanto detto dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan qualche giorno fa all’Euromoney conference.
In ogni caso è tutta l’economia mondiale a mostrare una bassa crescita, secondo i dati pubblicati che sono un aggiornamento intermedio tra i due rapporti semestrali, la crescita del Pil mondiale sarà del 2,9%, in calo dal 3,1% dello scorso anno. Il dato per il 2017 invece sarà del 3,2%, -0,1% rispetto all’outlook di giugno. Le performance migliore sono però da trovarsi tra i paesi emergenti che quindi controbilanciano l’indebolimento delle economie avanzate. Per gli Stati Uniti, l’Ocse stima una crescita dell’1,4% nel 2016 e del 2,1% nel 2017, per l’Eurozona dell’1,5% e dell’1,4%.
L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico lancia inoltre un alert sui tassi negativi: rappresentano “una situazione senza precedenti” che “crea distorsioni e rischi”, in particolare per quanto riguarda i mercati finanziari. Secondo l’Ocse, “I tassi di interesse bassi sostengono aumenti diffusi e ingenti dei prezzi delle attività, il che aumenta le probabilità di una brusca correzione dei prezzi delle attività e la vulnerabilità a essa”, si legge nel testo, “un riassestamento dei tassi sui mercati finanziari potrebbe portare a un sostanziale riprezzamento delle attività e aumentare la volatilità finanziaria anche qualora i tassi restino al di sotto delle medie di lungo termine”.